Il canone di locazione è un obbligo stabilito da un contratto che disciplina l'affitto tra un locatore e un locatario. Capita però talvolta che un proprietario si trovi nella situazione di non ricevere il canone pattuito, solitamente in seguito a difficoltà da parte del conduttore, il quale si pone nella condizione di morosità (inquilino moroso).
In queste situazioni, spesso basta un dialogo tra le persone ed è sufficiente uno scambio di parole per fare in modo che tutto possa ricondursi a una fattispecie facilmente gestibile, facendo prevalere la comprensione, ma spesso si arriva a vie legali, il cui scopo, da parte del locatore, è quello di recuperare il canone con eventuali oneri e interessi accessori.
Sia ben chiaro che pretendere il pagamento della quota d'affitto è un diritto, pagarla è un dovere, poiché tutto è ben disciplinato dalla legge.
Quando si verifica la morosità dell'inquilino?
L'inquilino diventa moroso nel momento in cui supera col pagamento il tempo contrattualmente stabilito entro cui corrispondere al proprietario il canone di affitto mensile.
La morosità è stabilita e regolata dalla Legge N° 392 del mese di Luglio 1978 e più precisamente dall'articolo 5, il quale stabilisce che il pagamento mancato della quota di affitto in un tempo massimo di venti giorni dalla data di normale scadenza prevista come da contratto, genera nel conduttore il diritto legittimato di chiedere al giudice la morosità del locatario. In pratica un inquilino diventa moroso se non paga la quota di canone mensile entro venti giorni dalla data di scadenza. Al verificarsi di tale condizione il proprietario ha il diritto di pretendere il pagamento ricorrendo al giudizio legale, dichiarando lo stato di morosità del conduttore. Quest'ultimo stato è causa di risoluzione del contratto e, nel caso, obbliga l'utente a liberare l'appartamento o il locale preso in affitto. La normativa è precisa poiché illustra pure come il locatario abbia diritto a ricevere gli interessi e gli oneri per il mancato e ritardato pagamento.
L'inquilino è obbligato a corrispondere anche gli interessi al locatore?
Il legislatore ha stabilito che gli interessi vanno obbligatoriamente corrisposti, come prescrive il Codice Civile nell'articolo 1282. L'unica deroga a quanto predisposto la si ha quando le parti si accordano tra loro diversamente. L'articolo menzionato si esprime in merito ai crediti per fitti che di per sè non producono interessi, ma che in questo caso sono sottoposti a interessi di mora. Questa deve essere in un certo senso comunicata all'inquilino per mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno, attraverso una intimazione di pagamento del canone pattuito, solitamente entro un periodo di due settimane dal momento un cui viene ricevuto l'avviso. Solo una volta che si è costituita la situazione di mora, che con questa lettera scatta in automatico e il conduttore non ha saldato il suo debito entro quanto stabilito, il proprietario può conseguentemente richiedere gli interessi all'inquilino moroso.
Quando ci sono i presupposti per la risoluzione del contratto?
Come già scritto poche righe sopra, la risoluzione del contratto è ammessa nel caso in cui il locatario non corrisponda il canone mensile entro i termini stabiliti. Altra condizione che ammette lo scioglimento dell'accordo riguarda il mancato pagamento degli oneri accessori, intesi come eventuali spese condominiali o relative ad aree comuni, solo nel caso in cui tale ammontare arretrato vada oltre l'importo di due mensilità di affitto. Un esempio può meglio chiarire. Supponendo che il canone mensile di affitto sia pari a 500 euro, quando l'ammontare delle spese accessorie non pagate supera 1.000 euro (2 canoni), si verificano le condizioni di rescissione contrattuale.
Come avviene il procedimento per lo sfratto dell'inquilino?
La risoluzione del contratto di affitto per morosità dell'inquilino prevede lo sfratto dello stesso dall'immobile concessogli in locazione. Il proprietario deve prima far recapitare al conduttore l'intimazione, nella quale è chiaro l'invito a presentarsi in tribunale per il processo, il cui scopo è di eseguire l'accertamento del mancato pagamento. Una volta che il giudice attesta tale situazione, lo sfratto è la diretta conseguenza, proclamata anche in giudizio nei confronti della parte inadempiente.
Una questione importante riguarda la temporalità: spetta al giudice stabilire il tempo entro cui il locatario deve lasciare l'immobile. Il buon senso e una regola non scritta, prevedono che vengano concessi 30 o 60 giorni di tempo all'inquilino per liberare i locali e trovare un'altra sistemazione, salvo accordi o richieste diverse emerse in sede di dibattimento.
Se il locatario non si oppone, ammettendo realmente di non aver pagato e di essere nel torto, il processo inizia e termina all'interno dello stesso giorno. Diversamente, se vengono sollevate altre questioni, gli intervalli processuali potrebbero allungarsi, lasciando la questione in sospeso.
E' bene precisare che la diffida, ossia la raccomandata di intimazione al pagamento, potrebbe non ricevere risposta, come nel caso in cui l'inquilino si reputi irreperibile. In questo caso è possibile gestire la situazione attraverso un particolare iter che viene definito "convalida di sfratto", in grado di svilupparsi in tempi più brevi e secondo la disciplina stabilita dalla procedura civile e più precisamente dall'articolo 658 del suo codice.
Va ricordato, inoltre, che l'inquilino sfrattato è sottoposto comunque all'obbligo di pagamento degli arretrati, con l'aggiunta degli interessi e delle spese. Lo sfratto non dispensa dalla corresponsione di quanto dovuto e obbliga l'inquilino a lasciare spontaneamente l'immobile entro il periodo stabilito. Qualora ciò non dovesse verificarsi è possibile, da parte del locatore, iniziare una procedura di sfratto esecutivo: l'inquilino ha 10 giorni di tempo per uscire e lasciare il possesso dell'immobile e se ciò non avviene entrerà in gioco l'Ufficiale Giudiziario per procedere con lo sfratto.
L'inquilino può opporsi? A cosa va incontro in caso di morosità?
Se durante un processo l'inquilino si oppone, anche attraverso l'assistenza legale di un avvocato, deve innanzitutto dimostrare la non sussistenza dello stato di morosità. In base all'opinione del giudice e a quanto viene espresso dal legislatore, è possibile che al conduttore venga proposta una mediazione. Questo comporta però un dibattimento ben più complesso poiché anche il proprietario dovrà presentare la documentazione che attesti la fondatezza delle sue accuse e delle sue richieste. Tutto non si può certo risolvere all'interno di una sola e unica sentenza giunta nell'arco di una giornata.
Qualora invece venga riconosciuto moroso egli può saldare i canoni arretrati con l'aggiunta degli oneri e degli interessi, legati anche alle spese legali, entro un periodo ragionevole da stabilire, oppure, in alternativa, può chiedere lo stato di grazia, ossia la determinazione di un tempo di 90 giorni per regolarizzare la propria posizione. In caso di concessione, sarà determinata un'altra data per un'udienza di verifica, con lo scopo di accertare l'avvenuto pagamento. In genere la grazia viene concessa e per ottenerla è sufficiente fare semplice richiesta. Lo scopo che vuole il legislatore è però di concedere al conduttore il modo per saldare la propria posizione, portarsi in pari e avere il tempo necessario per poter recuperare la cifra relativa agli interessi di mora, mentre invece spesso l'inquilino intende tale tempo come un modo per ottenere una dilazione di ulteriori tre mesi.
Cosa accade se l'inquilino paga e sana la sua posizione?
Se il conduttore procede al pagamento degli arretrati con anche la quota relativa agli oneri accessori e agli interessi di mora, la sua posizione torna ad essere regolare e si toglie dalla condizione di morosità. Questa, di fatto, viene sanata e il rapporto tra locatore e locatario può proseguire come stabilito dal contratto, senza ulteriori variazioni. Il giudice, accertate le reali difficoltà economiche e finanziarie dell'affittuario, può, come detto, stabilire un periodo di grazie dietro richiesta. Anche il pagamento regolare e completo al termine dei 90 giorni, riporta l'inquilino nella sua posizione originaria, cancellando la morosità.
Qual'è la posizione dell'inquilino durante il periodo di sfratto?
L'inquilino che ha ricevuto lo sfratto ma che materialmente non ha ancora liberato l'immobile, mantiene tutti i diritti e i doveri stabiliti dal contratto di locazione. Ciò significa che è soggetto al pagamento dei canoni dovuti dalla data della sentenza di sfratto fino al termine del possesso dei locali affittati. Se il tempo stabilito è di novanta giorni, egli dovrà corrispondere al locatore i canoni relativi ai tre mesi, a meno che non liberi anzitempo la proprietà. In sede di giudizio, vista comunque la condizione di morosità del conduttore, l'affittante può richiedere al giudice il pagamento anticipato dei canoni relativi al periodo in cui l'affittuario rimarrà ancora in possesso dell'immobile prima di uscire definitivamente.
Ma la condizione di morosità è applicabile a tutti i contratti?
La morosità si identifica unicamente in caso di contratto di affitto regolare per scopi commerciali o privati, tra due persone o aziende. Non è pratica applicabile a immobili che vedono un'occupazione di fatto (senza un contratto), a contratti di comodato d'uso e a leasing immobiliari. Inoltre non è applicabile in caso di contratti di affitto di fondi agrari.
Esiste una casistica in cui la morosità può intendersi come legittimata?
In realtà una casistica speciale esiste. Prima è bene chiarire che un inquilino è moroso anche se per proprio conto e arbitrariamente si auto diminuisce il canone, oppure se improvvisamente ritiene non congrua la cifra inizialmente stabilita e la modifica al ribasso. Ciò significa che la morosità non è solo legata strettamente al mancato pagamento dell'intera rata di affitto, ma anche se questa viene corrisposta anche solo parzialmente. Questo è anche nel caso in cui il conduttore fosse pure "giustificato" da eventuali disservizi. Se ad esempio si hanno delle infiltrazioni di acqua e queste danneggiano degli oggetti dell'inquilino, oppure rendono la casa inagibile costringendo la persona ad andare in albergo per un paio di notti, il conduttore è comunque tenuto al pagamento intero e completo del canone, rispettando cifre e tempi. Ciò significa che non è autorizzato ad auto ridursi la quota mensile di affitto nemmeno a titolo di risarcimento. Egli deve pagare quanto stabilito e successivamente rivalersi sul locatore per danni e disagi subiti.
L'unico caso in sui esiste una legittimata morosità, o meglio una ammessa sospensione del pagamento, è quando si verifica una situazione di inagibilità dell'immobile, diventanto totalmente inutilizzabile. In questo caso il conduttore può sospendere interamente il pagamento o parte di esso, senza per questo rientrare nella posizione di inquilino moroso. Il buonsenso invita sempre e comunque al dialogo tra le parti: meglio che l'affittuario esponga al locatore i problemi e i disagi, prima di prendere iniziative personali, onde evitare spiacevoli equivoci che la legge non contempla.